Al Parlamento il messaggio per l'AVS 21

FISCO/AVS - Il Consiglio federale completa il pacchetto di proposte con due interventi principali: aumento dell’età di pensionamento delle donne e aumento dell’IVA
/ 23.09.2019
di Ignazio Bonoli

Il messaggio che il Consiglio federale ha presentato a fine agosto riprende in pratica quanto il consigliere federale Alain Berset aveva proposto, a complemento del messaggio Fisco/AVS, già approvato dal popolo lo scorso maggio per la parte concernente la fiscalità delle imprese e il contributo all’AVS (vedi «Azione» dell’ 8.7.19). Dal canto suo, comunque, l’AVS necessita di una revisione in profondità, viste le previsioni di peggioramento a causa soprattutto dell’evoluzione demografica. Questo ulteriore tentativo di revisione dell’istituzione di base della previdenza per la vecchiaia si basa su due aspetti: un aumento dello 0,7% dell’IVA e l’aumento a 65 anni dell’età di pensionamento delle donne.

Quest’ultimo punto è da sempre contestato dalla sinistra e da alcune organizzazioni femminili, perciò il Consiglio federale vuole rendere meno amara la pillola, proponendo un passaggio graduale al pensionamento delle donne a 65 anni (invece degli attuali 64), accompagnato da incentivi. Anche il pensionamento flessibile per gli uomini verrà agevolato. Ma è proprio qui che  si sollevano le maggiori opposizioni. Le organizzazioni dei datori di lavoro rimproverano al governo di non andare abbastanza a fondo con la revisione e di renderla in alcuni punti perfino controproducente.

In primo luogo vengono criticate le nuove regole per il pensionamento anticipato. Oggi, chi volesse anticipare il pensionamento di due anni, deve subire una riduzione permanente del 13,6% della propria rendita. In futuro, la rendita verrebbe invece ridotta solo del 7,7%. Di conseguenza, il numero di pensionamenti anticipati potrebbe aumentare, mentre i datori di lavoro stanno creando occasioni per prolungare l’attività lavorativa. Tra l’altro propongono anche di liberare dal pagamento dei contributi AVS i primi 2’000 franchi mensili (invece degli attuali 1’400) di chi lavora dopo il pensionamento.

D’altro canto, anche il «risparmio» dovuto all’aumento dell’età di pensionamento delle donne viene ridotto di un terzo, o perfino della metà dagli incentivi previsti.Lo scopo principale del governo per la riforma AVS rimane quello del risanamento finanziario, che però viene attuato in misura del 92% tramite l’aumento delle entrate e solo per 400 milioni, dei previsti 5 miliardi di miglioramento, dalla diminuzione delle uscite, nel 2030. In sostanza, la riforma accentua la discriminazione per le giovani generazioni, a favore di quelle anziane. Questo diventerà sempre più un tema di fondo, soprattutto se il risanamento avverrà attraverso un aumento delle entrate.Il problema si ripete anche quando l’AVS viene finanziata con sussidi statali, a loro volta finanziati con le imposte.

Un recente studio del Centro di ricerche per i contratti intergenerazionali, al quale ha partecipato anche UBS, ha constatato, nel caso in cui l’AVS venisse risanata solo tramite maggiori entrate, che il maggior aggravio per le persone assicurate da 20 a 40 anni sarebbe tra i 25’000 e i 30’000 franchi, per i 50enni circa 15’000 franchi e per gli oltre 55 anni un po’ meno di 10’000 franchi.In effetti, la quota di rendite AVS finanziata mediante sussidi aumenta anche con la prevista riforma. Nel 2018, l’AVS ha incassato circa 43 miliardi di franchi. Circa un quarto di queste entrate era dovuto a sussidi diretti della Confederazione. Va anche considerato che i contributi all’AVS per salari oltre i 100’000 franchi (che non provocano aumenti di rendite) sono praticamente imposte e possono raggiungere dai 5 ai 6 miliardi di franchi.

Con i 2 miliardi previsti dal pacchetto Fisco/AVS e quelli della riforma proposta, il totale annuo di sussidi sale di 3-4 miliardi di franchi. Il totale dei sussidi giunge così a costituire grossomodo il 43% delle entrate dell’AVS.Se si toglie il 15% circa dei contributi degli assicurati oltre i 100’000 franchi di salario, si può dire che circa la metà delle rendite della maggior parte dei pensionati AVS (redditi medi e bassi) viene finanziata mediante sussidi. Se si considera che la metà inferiore di tutti i redditi paga per l’imposta federale diretta solo il 2% del totale, si può vedere l’importanza crescente della parte sussidiata rispetto al totale delle entrate e all’influsso fiscale. Un problema che può essere risolto solo contenendo le uscite: aumento dell’età di pensionamento, blocco delle rendite reali. Intervento difficile da far accettare, tanto più che circa il 60% dei cittadini votanti ha oltre 50 anni, mentre i più giovani non pensano ancora ai problemi della previdenza vecchiaia.

Resta aperto anche un altro tema. Il previsto aumento dell’IVA deve entrare in un pacchetto? Il Consiglio federale non lo prevede, per cui l’aumento dell’IVA potrebbe entrare in vigore anche in caso di bocciatura della riforma AVS, e viceversa. Gli ambienti padronali chiedono per questo il collegamento fra i due temi. D’altro canto, il progetto sull’IVA è soggetto a votazione popolare, mentre per l’AVS il voto popolare dipende dalla riuscita di un eventuale referendum. Cosa probabile viste le opposizioni.