Una donna e un uomo si baciano. Tra di loro, sul letto, un bimbo ci guarda mentre la coppia mostra due passaporti – uno russo e uno ucraino – e il dito medio. Come a dire: «Al diavolo la guerra! Noi ci amiamo». L’immagine, che circola sui social, racconta dell’insensatezza di un conflitto fratricida innescato da un autocrate in preda – sottolineava Anna Zafesova su queste pagine la settimana scorsa – alle sue manie neo-coloniali e imperiali. «Al diavolo la guerra! Noi ci amiamo» sembra dire anche una ragazza russa che abita nel Luganese. È una delle tante persone che si sono mobilitate in Ticino per recuperare beni di prima necessità (dai vestiti agli alimentari, dai medicinali ai combustibili) da portare in Ucraina e in Polonia, dove si stanno ammassando i profughi.
L’abbiamo trovata seguendo la via dei social, in particolare il profilo Instagram Ticinoperlapace (ma attualmente sul territorio ci sono parecchi gruppi che raccolgono aiuti). Ci spiega: «All’iniziativa – lanciata da due ragazze ucraine, Dasha e Katia – hanno aderito persone di diverse origini e nazionalità. Ci sono ucraini appunto, ma anche ticinesi, italiani, russi come me… Uniti per dare un forte segnale di solidarietà a chi resiste, nonostante tutto». La popolazione ha risposto con grande generosità all’appello, dice la nostra interlocutrice. «Il telefono squilla in continuazione, dalle 6 di mattina fino a sera. Siamo stati inondati dai prodotti di ogni tipo. All’inizio stoccavamo la merce nei garage, alcuni hanno messo a disposizione le loro case che si sono trasformate in depositi». Sarà che l’aggressione all’Ucraina – geograficamente vicina, parte del Continente europeo – ha scosso le coscienze dei ticinesi molto più di altri conflitti in corso... «Azione» ha visto lo spazio davanti ad un’abitazione di una delle volontarie inondato di scatole e il via vai di automobili desiderose di scaricare bauli pieni zeppi. «Più che vestiti adesso servono medicinali e cibo», informa Dasha. «Seguite la pagina Instagram Ticinoperlapace per capire di cosa si ha bisogno e dove si trovano i punti di raccolta».
Intanto i volontari si sono messi in contatto con l’ambasciata ucraina a Berna, dove hanno portato una parte degli aiuti (che si sono andati a sommare a quelli provenienti da tutta la Svizzera). Ce lo dice Gideon, la cui moglie Svitlana ha origini ucraine. «La grande partecipazione sorprende e commuove. Si sono fatti avanti privati, ditte, associazioni, comuni, istituti scolastici ecc. E le aree di raccolta si sono moltiplicate su tutto il territorio». A dir la verità ora regna un po’ di confusione. Settimana scorsa sono partiti dal Ticino alcuni furgoni carichi di beni di prima necessità destinati al popolo di Kiev (e non solo collegati a Ticinoperlapace). «Abbiamo anche riempito un camion con 12 tonnellate di merce destinata ai profughi giunti a Korczowa, in Polonia», spiega Gideon. «E stiamo pensando di fondare un’associazione no profit per organizzare le attività al meglio».
Al diavolo la guerra!
In Ticino continua la raccolta di beni di prima necessità destinati al popolo di Kiev
/ 07.03.2022
di Romina Borla
di Romina Borla