Il papa poco ortodosso, specialista nell’abbattere gli steccati, arriva nella città di Calvino. Il pontefice argentino che ha fatto dell’accoglienza ai migranti e della denuncia delle contraddizioni dell’economia globalizzata il cuore del suo messaggio, viene ad incontrare la Svizzera di oggi. Si possono riassumere forse così le coordinate principali del viaggio che porterà papa Francesco giovedì 21 giugno a Ginevra. Appena una decina di ore tra l’arrivo all’aeroporto di Cointrin e la ripartenza per Roma. Eppure sono ore molto attese e non solo dalla comunità cattolica, che già da settimane ha esaurito i 41 mila posti disponibili per la Messa al Palexpo.
Con questo viaggio papa Francesco diventa il terzo papa a fare tappa in Svizzera. Ad aprire la strada fu infatti Paolo VI – il 10 giugno 1969 – anche lui con un viaggio di una sola giornata a Ginevra, dove visitò l’Ufficio internazionale del lavoro, tenendo sulla dignità da salvaguardare in questa fondamentale attività umana un discorso che suonerebbe ancora oggi attualissimo. E fu sempre lui a rompere il ghiaccio con il Consiglio ecumenico delle Chiese, l’istituzione che festeggia oggi i suoi 70 anni e rappresenta la principale ragione del viaggio di papa Francesco.
Dopo Paolo VI sarebbe stato poi Giovanni Paolo II ad approdare nella Confederazione per ben tre volte: la prima il 15 giugno 1982, quando incontrò tutti gli organismi dell’Onu che hanno sede a Ginevra. Poi più lungo e articolato sarebbe stato il viaggio apostolico del 1984; tante città svizzere toccate in sei giorni dalla visita papale, compresa Lugano, dove Wojtyla visitò la cattedrale di San Lorenzo e presiedette una Messa allo stadio Cornaredo. E anche in quell’occasione – oltre che a Zurigo, Berna, Friburgo, Lucerna, l’abbazia di Einsiedeln... – fece tappa al Consiglio ecumenico delle Chiese a Ginevra. Fu probabilmente il viaggio in cui emerse più chiaramente la delicatezza della storia dei rapporti tra il cattolicesimo elvetico e Roma. Perché a differenza di tanti altri viaggi del papa polacco, quel giro in Svizzera non si rivelò affatto un bagno di folla trionfale: la freddezza di una parte della comunità cattolica non mancò di manifestarsi. Del resto erano gli anni segnati dallo scontro con Hans Küng – con la sua critica all’«autoritarismo» di Roma – che sarebbero stati poi seguiti negli anni Novanta dal braccio di ferro sulla nomina di monsignor Wolfgang Haas a vescovo di Coira. Un nome conservatore imposto rispetto all’antico privilegio locale che prevedeva per questa Chiesa locale la facoltà di eleggere il proprio pastore: finì che perfino Wojtyla dovette desistere, trasferendo Haas a una sede arcivescovile ad hoc creata per lui a Vaduz, in Liechtenstein. Giovanni Paolo II sarebbe comunque tornato a Berna un’ultima volta il 5 giugno 2004 – ormai anziano e malato, pochi mesi prima di morire – per un incontro con i giovani, che alla fine diventò il penultimo in assoluto dei suoi viaggi internazionali.
Visti questi precedenti, che cosa attendersi da questo viaggio di Francesco? Il clima di questa vigilia è molto diverso, anche perché il 21 giugno sarà probabilmente una giornata che da Ginevra guarderà più all’orizzonte del mondo che alle specificità svizzere. L’occasione della visita è molto chiara: il papa arriva nella Confederazione per rendere omaggio a una realtà internazionale come il Consiglio ecumenico delle Chiese. Lo si vede dallo stesso programma della giornata che fuori dagli eventi ecumenici comprende solo altri due appuntamenti: l’incontro privato con il presidente della Confederazione Alain Berset subito in aeroporto e – appunto – la Messa al Palexpo, con la comunità cattolica locale. Per il resto la scena sarà dominata dal dialogo con l’organismo fondato nel 1948 per riunire i credenti delle diverse confessioni cristiane e che per questo compito scelse proprio Ginevra. Una sede oggi punto di incontro riconosciuto per ben 348 chiese che rappresentano circa 560 milioni di cristiani sparsi in 110 Paesi del mondo. Galassia a cui, va precisato, la Chiesa cattolica non aderisce: si tratta infatti di confessioni di matrice ortodossa, evangelica e anglicana; pur da realtà esterna, però, fin dagli anni di Paolo VI il Vaticano ha guardato con interesse a questa esperienza, anche attraverso una serie di iniziative strutturate di collaborazione. Da parte sua va aggiunto che oggi lo stesso Consiglio ecumenico delle Chiese non è affatto insensibile alla leadership che papa Francesco esercita a livello globale su questioni come l’attenzione ai migranti, la denuncia degli squilibri economici a livello planetario, la salvaguardia dell’ambiente. Di qui, dunque, la grande attesa per questo faccia a faccia, nel corso del quale vi sarà anche un incontro tra il papa è una delegazione di cristiani evangelici della Corea del Nord, con i quali il Consiglio ecumenico delle Chiese già da tempo intrattiene relazioni.
Da Ginevra è dunque verosimile che arrivi un messaggio forte di unità tra i cristiani di fronte alle sfide del mondo globalizzato: «Camminando, pregando e lavorando insieme» recita non a caso lo slogan scelto per la visita di papa Francesco. Del resto questa giornata al Consiglio ecumenico delle Chiese si ricollega idealmente anche alla visita compiuta da Bergoglio alla fine del 2016 a Lund, in Svezia, per l’apertura delle celebrazioni per i 500 anni dalla Riforma, quando disse espressamente che anche i cattolici hanno qualcosa da imparare da Lutero. Tutto questo, però, nella consapevolezza che oggi sono soprattutto le questioni sociali e politiche il banco di prova intorno al quale è possibile provare a costruire l’ecumenismo. A questo proposito è infatti interessante notare che papa Francesco arriva al Consiglio ecumenico delle Chiese subito dopo una nuova frenata da parte del Vaticano rispetto alla richiesta avanzata dai vescovi cattolici tedeschi che premevano affinché fosse permesso alle coppie formate da cattolici ed evangelici di poter accedere insieme all’Eucaristia. Nonostante i viaggi, gli incontri ufficiali, le celebrazioni comuni tra vescovi, pastori e patriarchi – dunque – un via libera a gesti del genere da Roma continua a non arrivare; come profonde restano le differenze tra le diverse Chiese rispetto a temi come la morale sessuale o il ministero ordinato delle donne.
Questo, però, non significa che altre strade da percorrere insieme non esistano: di qui l’orizzonte dell’impegno per la pace e la giustizia. Per papa Francesco – ma anche per lo stesso segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, il pastore norvegese Olav Fykse Tveit – questa non è una comoda scorciatoia, ma il terreno concreto sul quale tornare a confrontarsi con le risposte che il Vangelo può offrire all’uomo di oggi. Così, per esempio, per il mese di settembre a Roma è già fissato un nuovo appuntamento comune che avrà per tema la questione oggi cruciale delle migrazioni.
Ed è su questo piano che si colloca anche il messaggio peculiare che il viaggio può offrire anche alla Svizzera, con la sua storia e la sua vocazione a essere crocevia del mondo. L’anno scorso – in occasione dell’annuale giuramento delle nuove guardie svizzere, il piccolo esercito che da oltre 500 anni per tradizione protegge la Città del Vaticano e i pontefici – papa Francesco aveva già incontrato a Roma l’allora presidente della Confederazione elvetica, Doris Leuthard. E in quell’occasione con lei aveva parlato di una serie di temi: il futuro del continente europeo, l’accoglienza dei migranti, la sfida del mondo del lavoro per i giovani, la lotta contro il terrorismo, l’impegno per la tutela dell’ambiente. Sono le stesse domande che la visita di Ginevra andrà probabilmente a incrociare: quale ruolo per la Svizzera di domani in un contesto europeo dove l’onda del populismo porta sempre più a galla fratture e chiusure? Quale responsabilità nello sguardo sul mondo per una realtà che – proprio per la sua storia – è sede di tanti organismi internazionali? Come fare incontrare il tema della salvaguardia dell’ambiente – così sentito in terra elvetica – con un modello di sviluppo capace di includere davvero il mondo intero, chiamando in gioco anche le responsabilità di ambiti come la finanza, l’industria dell’energia, lo sfruttamento delle materie prime, come Bergoglio chiede con forza nella sua enciclica Laudato Sì?
Parlerà alle comunità cristiane di tutto il mondo papa Francesco dal pulpito ecumenico di Ginevra. Ma la sfida vera per i cattolici e gli evangelici della Svizzera sarà quella di non rimanere solo il Paese ospitante di una bella fotografia.